I fatturati degli chef stellati e il TFR

I fatturati degli chef stellati e il TFR

Quanto guadagna uno chef stellato? E quando uno chef va in pensione, il calcolo del TFR quale cifra sfiorerà? È noto che ad un fatturato alto – letteralmente stellare – corrisponde o dovrebbe corrispondere una corrispettiva imposizione fiscale e una serie di oneri da assolvere anche nei confronti dei lavoratori sottoposti allo chef all’interno del ristorante di proprietà, vale a dire stipendi e liquidazioni di sous-chef, aiutanti, lavapiatti, camerieri, maitre, chef-a-manger e ogni singola componente della brigata di cucina. Ed ecco che per evitare che la  stella Michelin – tanto ambita – si trasformi in un incubo in sede di dichiarazione dei redditi, esistono degli escamotage per alleggerire gli oneri fiscali dei ristoranti stellati.

Quanto fattura un ristorante stellato

Una ricerca condotta nel 2016 da Taste Tourism – una società specializzata in analisi sul turismo – ha evidenziato che in Italia la media del fatturato di un ristorante stellato si attesta sui 775.000 € annui a cui, però, bisogna togliere i costi diretti e indiretti di gestione che assorbono quasi la totalità del fatturato tra retribuzioni a norma di una media di 15 dipendenti in brigata e altrettanti in sala, con sommelier fisso, affitti astronomici (perché i ristoranti stellati devono anche avere delle location stellate), pagamenti ai fornitori per la scelta di materie prime di eccellenza e le imposte.

Per far quadrare i conti, ecco che gli chef diventano imprenditori, escono dalla cucina per entrare nei reality TV o si aprono locali collaterali low cost –come i bistrot – per supportare l’attività principale.

Il fenomeno dei bistrot “stellati”

Il bistrot, per definizione, è un locale dalle poche pretese, low cost, dove si può degustare del buon cibo senza infamia e senza lode; ma cosa accade al bistrot quando in cucina c’è uno chef stellato? Il bistrot non perde la sua natura low cost ma non si rinuncia alla qualità del cibo e questo comporta un enorme riduzione dei costi di gestione che si traduce in meno personale, servizio informale, piatti meno sfarzosi, scelta di vini più limitata e conti per il cliente notevolmente ridimensionati (si passa dai 200 € di un ristorante stellato ai 40-50 € di un locale più modesto), ma utili per coprire le passività dell’attività principale.

La scelta del ristorante low cost gestito dal grande chef è in tutto simile al fenomeno del prêt-à-porter nella moda, dove le grandi firme non disdegnano di dedicare delle linee “popolari” da estendere a una clientela più ampia.

La democratizzazione dell’alta cucina induce un altro fenomeno: gli chef preferiscono rinunciare alle ambite stelle Michelin o non ne fanno un dramma se ne vengono privati perché all’onere economico e psicologico di mantenere uno standard alto, preferiscono l’onore sul campo riconosciuto quotidianamente dai clienti, senza rinunciare alla qualità, alla ricercatezza dei prodotti o alla sperimentazione. E a fine carriera, una pensione di tutto rispetto.