A seguito di quella che possiamo chiamare una piccola (o forse no) rivoluzione e che interessa un cambiamento di rotta notevole per le nostre abitudini quotidiane, è ovvio che si manifestino, nei giorni successivi alla novità introdotta, delle considerazioni da fare sul male o sul bene delle riforme messe in essere. Parliamo della nuova obbligatorietà (imposta per legge) dei pagamenti via POS al di sopra di una spesa di 30€ e che interessa un po’ tutte le categorie degli esercenti, anche quelle che, ovviamente, prima dell’introduzione del 30 giugno non prevedevano dei pagamenti con moneta elettronica. Pensiamo, pertanto, ai parrucchieri, e di sicuro non quelli per maschi ma di certo i parrucchieri per donna, così come antennisti o falegnami che vengono a casa per fare dei lavori di riparazione, così anche gli idraulici, ma anche i giardinieri, il dentista, addirittura il notaio.
Tutte le transazioni che venivano fatte entrando in rapporti con queste categorie di lavoratori venivano saldate con denaro contate e un conseguente rilascio della fattura (o no) per la prestazione servita. Dopo l’introduzione della norma, quindi, il compito per questi lavoratori sarà quello di munirsi di un apparecchio POS e permettere al cliente il pagamento, oltre i 30 euro, con moneta elettronica sostenendo spese e commissioni relative per la transazione effettuata. Da un punto di vista della tracciabilità, non c’è dubbio, l’introduzione servirà a fare degli enormi passi in avanti ed il rischio di evasione potrebbe anche diminuirsi radicalmente (o almeno questo è l’obiettivo in prospettiva).
Lotta all’evasione, quindi, e soprattutto un avvicinamento ad altri paesi Europei dove la moneta elettronica ha, già da tempo, una enorme diffusione e dove non esiste pagamento che non può essere effettuato senza un POS. Pensiamo ai cittadini francesi e soprattutto agli inglesi e alla loro serenità di poter uscire di casa senza soldi e non risentire alcun modo di una simile mancanza. L’obiettivo, quindi, è quello di trascinare gli italiani verso un nuovo modo di concepire i pagamenti, in maniera graduale ovviamente, partendo da importi e somme dovute rilevanti. Pensiamo ad esempio ai pagamenti di multe e sanzioni, al pagamento del bollo o delle tasse della casa, a tutte le spese che siamo costretti a sostenere portando in giro con noi importi di denaro cospicui sostenendo i rischi del caso.
Il pagamento via POS andrebbe a garantire anche una migliore sicurezza personale riflettendo un’altra necessità della civiltà moderna, quella di mettere un freno ulteriore a furti e rapine. Detto questo, però, bisogna anche dire che l’introduzione del POS è in realtà semi-obbligatoria: la legge scatta a metà perché in realtà per tutti coloro che non si doteranno di un’apparecchiatura specifica non è prevista alcuna sanzione. Nessun obbligo reale a carico dei professionisti che potranno decidere, o meno, di introdurre i pagamenti via moneta elettronica. Che senso ha allora l’introduzione di una legge simile verrebbe da chiedersi? In realtà l’intero processo si fonda sulla necessità di una maggiore trasparenza e sulla piena collaborazione dei cittadini. E’ nel rapporto esercente-cliente che si va a validare l’obbligatorietà della legge, nel momento, in cui, una persona che, per motivi etici o personali, vuole pagare con il POS e lo richiede all’esercente converrà averlo pena la perdita del cliente.