Aprire un Home Restaurant: passione e guadagni!

Sulla scorta del successo dei guerrilla restaurant e di tutte le varianti provenienti dal mondo britannico, gli Home Restaurant sono ormai una realtà consolidata anche in Italia.

Questa innovativa forma di ristorazione domestica, conosciuta nel nord dell’Europa con nomi differenti (come supper club, hidden eatry, o in senso lato guerrilla restaurant), è diventata parte integrante dell’offerta di molte grandi città. A Londra e a Berlino, ad esempio, partecipare ad una cena “carbonara” è un’esperienza irrinunciabile e sono moltissimi i cuochi domestici che scelgono di mettersi alla prova sperimentando ai fornelli con degli sconosciuti, spesso turisti.

Tutto nasce sul web. Principalmente sui social network, ma anche sui neonati portali appositi, come Gnammo, KitchenParty e Newgusto. Il cuoco, in quest’ottica chiamato host, crea e propone il suo evento, presenta la sua spesa e fissa una tariffa. I social eaters, ovvero gli ospiti – al massimo una decina – possono iscriversi all’evento, concordare le portate e presentare le loro richieste. La location della cena clandestina, di norma, è comunicata solo la sera prima dell’evento e il “da bere”, come da galateo fra amici, lo portano gli ospiti.

Aprire un home restaurant in Italia è possibile? Stando alla normativa vigente, sì. Per il semplice fatto che, nonostante i ripetuti tentativi di discutere le legislazione dell’home food in parlamento, il vuoto normativo in proposito non è ancora stato colmato. Poiché non è regolamentata, l’attività è inquadrata come occasionale e non necessita di dichiarazioni particolari; per lo stesso principio, l’abitazione che ospita l’home restaurant – cucina compresa – non deve avere requisiti igienico-sanitari definiti, anche se chi si occupa del settore consiglia di ottenere almeno un attestato di sicurezza alimentare.

Per il fisco, al di sotto dei 5mila euro annui non è necessario aprire la partita IVA. Quello che accadrà a chi supera questa cifra sarà la legislazione futura a deciderlo. Sarà importante, in questo senso, verificare l’inquadramento che le Camere di Commercio sceglieranno di dare all’attività di home restaurant svolta in maniera professionale. La tendenza, oggi, sembra quella di assimilarla alle attività di somministrazione ma in Italia, si sa, finché carta non canta le certezze sono poche e fumose.

Concludendo, attualmente aprire un ristorante in casa non è illegale, anche se l’aura di clandestinità contribuisce ad aumentare il fascino dell’esperienza. Gli sviluppi di questa formula gastronomica innovativa sono, anzi, plurimi: da un lato ci sono gli chef – già noti o emergenti – che si ritagliano in casa propria spazi di sperimentazione e confronto; dall’altro c’è chi ispira il suo ristorante in casa ad una filosofia strettamente sharing, cucinando piatti della tradizione che costano poco più di 5 euro, soprattutto per trasfertisti e studenti fuori sede.
L’investimento per provare a crearsi un reddito integrativo cucinando per amici “al buio” è minimo e la rete di contatti si sta via via ingrandendo grazie ai social network e ai portali dedicati. Le cene degli Home Restaurant sono più di un evento culturale, sono una risposta alla crisi nell’ottica della sharing economy e dal consumo collaborativo.

Per tutti coloro che vogliono cimentarsi con questa novità e mettere alla prova la propria creatività culinaria, segnaliamo una guida dedicata all’Home Restaurant: il kit Creaimpresa “Come aprire un Home Restaurant – Ristorante in casa”.  In particolare, abbiamo cercato di fare chiarezza sulle norme che regolano l’attività di home restaurant, sui profili fiscali che può adottare il ristoratore in casa e su quello che sarà il futuro della normativa italiana per l’attività di home food. All’interno della guida è inoltre possibile trovare numero spunti per sviluppare la propria idea di Home Restaurant.

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Kit Creaimpresa Home Restaurant